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Da New Economy a Old Economy: ritorno al passato?

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Da Old Economy a New Economy, a Old Economy passando per la Sharing Economy. Non è uno scioglilingua, è un dato di fatto. Si potrebbe, pertanto, esordire utilizzando una delle espressioni verbali più tipiche e inflazionate degli ultimi tempi: “si stava meglio quando si stava peggio”.
Al di là dell’attuale situazione economico-politica italiana che rispecchia molto lo stato di salute precario dell’intero Vecchio Continente, è condivisa e diffusa la necessità di cambiamento in tutto il Paese, soprattutto tra le nuove generazioni. Cosa serve per attuare una decisa sterzata per intraprendere la crescita economica? Possibile un ritorno al passato? Soluzione bizzarra? Analizziamola.
La fotografia della situazione socio-economica italiana mostra questi aspetti chiave:
  • Il tasso di occupazione è ampiamente inferiore alla media dei Paesi Ocse per diverse fasce d’età; la disoccupazione giovanile è al livello più alto dal 1992 e pari al 38,7% (dati Istat gennaio 2013); l’età pensionabile, la più alta d’Europa, fissata dopo la prima reincarnazione (meglio sdrammatizzare, i dati potrebbero spaventarvi);
  • Le riforme politiche per rendere sostenibile il Paese non hanno prodotto grandi benefici negli ultimi anni, andando troppo spesso a intervenire solo sul sistema tassativo e mai proponendo soluzioni alternative; per non parlare degli imbarazzanti passi avanti (praticamente nulli) fatti nell’Istruzione e nella Pubblica Amministrazione. Ampio e discutibile argomento dettato principalmente dalla disorganizzazione, anche mentale, oltre dall’incompetenza della classe politica italiana;
  • Il tessuto imprenditoriale italiano costituito dal 99,8% da PMI, di cui 95% solo da micro imprese (meno di 10 dipendenti), soffre la carenza di capitali in circolazione e l’accesso a finanziamenti a banche o altre istituzioni, oltre i ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione, vero freno allo sviluppo economico italiano.
Come si comprendere, la situazione non è rosea … necessita decisamente un cambiamento. In questa direzione si è mosso lo scorso Governo Monti per ristabilire quanto fatto (e non fatto) negli ultimi 30 anni. Non essendo un “politicante” non riesco a esprimere un parere positivo o negativo sulla condotta dell’ultimo governo, ma una cosa è certa: ha fatto capire all’intera nazione che è necessario svegliarsi e avviare un processo di innovazione. L’Agenda Digitale, portata avanti in primis dal Ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, si è mossa in questa direzione, promuovendo politiche e azioni che mirano a sfruttare la “rivoluzione digitale” (si, in Italia si tratta ancora di un fenomeno a molti sconosciuto) a beneficio di tutti cercando anche di superare il digital divide, la battaglia per ridurre a zero la popolazione non raggiunta da banda larga terrestre (fissa o mobile),
All’attuale fotografia italiana aggiungiamo trend consolidati che caratterizzano l’economia dei nostri giorni:
  • Crisi finanziaria. Il concetto è molto chiaro. Non ci sono più soldi in giro. Le banche non agevolano la concessione di finanziamenti e gli investimenti sono ormai operazioni per pochi.
  • Collaborazione e socializzazione. L’utilizzo di social media consente di raggiungere e connettersi a persone in tutto il mondo, creare e partecipare a community, accedere e contribuire al flusso informativo generando contenuti.
  • Sostenibilità ambientale. Dalla Rivoluzione Industriale l’uomo ha accelerato il processo di consumo delle risorse naturali del pianeta. La sostenibilità futura della Terra è a rischio e dipende dalle nuove generazioni e da come queste gestiscono le risorse disponibili: dalla gestione.
  • Consumismo. altro concetto chiarissimo. Tutto hanno tutti, o quasi tutto.
Il quadro finora presentato suggerisce un intervento economico, sostenibile e condivisibile. Ma quale? 

Prendiamo l’esempio in cui ognuno di noi si potrebbe riconoscere: l’acquisto di un oggetto inutile. Sfido chiunque ad ammettere che almeno una volta nella propria vita non si sia trovato di fronte ad un acquisto dettato dall’istinto o dalla necessità di soddisfare una impellente necessità.
Io vi riporto uno dei miei numerosi casi: Acquisto di sbattitore elettrico multifunzione per soddisfare un’impensabile voglia creativa dolciaria: cucinare muffin. Volte utilizzate dall’acquisto: una. Stato attuale dell’oggetto: ottimo e “parcheggiato” in cucina nella sua confezione. Due sono le alternative: conservare l’elettrodomestico trasformandolo nel tempo in un oggetto d’epoca, papabile magari per qualche collezionista bizzarro, oppure renderlo disponibile a chi, come me, avrà un altro attacco culinario di creatività.
Escludendo la prima, la seconda potrebbe garantire maggiori benefici, magari ottimizzando l’investimento fatto attraverso la richiesta di un minimo corrispettivo in denaro per il prestito oppure la richiesta di contraccambiare in altra maniera. Baratto. Ecco la soluzione economica, sostenibile e condivisibile. In altri termini risparmiamo soldi, consentiamo la circolazione di beni evitando sprechi e possiamo utilizzare i vari canali del web per intercettare o scambiare oggetti disponibili.
Logiche antiche come la condivisione, il baratto, il prestito, lo scambio, l’affitto, la donazione e il noleggio (anziché il possesso) hanno trovato una seconda vita grazie alle tecnologie. Tanto che «Forbes» stima che durante quest’anno la sharing economy genererà un fatturato di 3,5 miliardi di dollari.
Le risorse in giro ci sono. Gli strumenti per raggiungerli anche grazie ai social media. I soldi per di più scarseggiano quindi la tesi del baratto è avvalorata. Cosa manca? Che si tratti di case, auto, talento o tempo, la chiave della partecipazione delle persone alla produzione o al consumo è la fiducia.
La soluzione per ripartire è quindi ritornare al passato? l’Old Economy e il suo modello possono funzionare ai giorni d’oggi?

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Da New Economy a Old Economy: ritorno al passato?

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