New Ways of Working

Smart working e aziende italiane: l’esperienza di Quindo

smart working e aziende italiane

Lo smart working nelle aziende italiane è in crescita. Ci sono realtà che avendo già esperienza si raccontano per sensibilizzare al cambiamento.

Sono trascorsi alcuni anni dalla legge sul Lavoro Agile in Italia, la numero 81 del 22 Maggio 2017. Da quel momento lo smart working non ha fatto altro che crescere e diffondersi nelle aziende italiane, nelle grandi imprese e nella Pubblica Amministrazione (ovviamente non senza difficoltà e senza errori).
Lo dimostrano i dati riportati nell’ultima ricerca annuale dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, i quali testimoniano un’adesione sempre maggiore ad un paradigma lavorativo che garantisce un ambiente di lavoro flessibile e dinamico ed una cultura organizzativa basata sui risultati e sulla responsabilizzazione della persona.
Lo dimostra anche il momento in cui sto scrivendo questo articolo: siamo in piena Settimana del Lavoro Agile e l’iniziativa promossa dal Comune di Milano gode ogni anno di una partecipazione sempre più numerosa da parte di comuni, imprese, enti ed aziende.
Oltre ad aderire ad iniziative come questa, il modo migliore per conoscere più da vicino lo smart working è imparare dagli altri, osservare chi ha già adottato con successo una filosofia smart working oriented e ne ha implementato i vantaggi ed i benefici.

Lo smart working raccontato dalle aziende italiane: la storia di Quindo

Lo smart working, quello vero, è una questione di cultura, di focus, di obiettivi. Laura aveva già in mente come sarebbe stata la sua azienda quando ne avrebbe avuta una. Non avrebbe permesso ai suoi dipendenti di arrivare a percepire la “voglia di scappare” che lei stessa aveva quando lavorava in ufficio.
Le cose importanti in un’agenzia per Laura erano, e sono tutt’ora, la qualità del lavoro e il rispetto del tempo. Queste le hanno permesso di portare avanti il suo obiettivo: lavorare e far lavorare in smart working persone all’interno di un ecosistema professionale caratterizzato da un clima sereno e di fiducia reciproca.

La parola a Laura Venturini, founder di Quindo

Q. Ciao Laura, perché in Quindo hai deciso di implementare lo smart working?

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Laura Venturini, founder Quindo


A. Ciao e grazie per il vostro interesse! Per anni sono stata “dipendente”, ho lavorato in agenzie tradizionali, guidate da uomini con una manciata di anni più di me. Il tempo che ogni giorno spendevo nello spostarmi per raggiungere l’ufficio (una media di due/tre ore al giorno) mi sottraeva moltissime energie.
Ogni giorno alle 17.59, iniziavo a contare i secondi per poter “scappare”, pregando di non trovare traffico sul Grande Raccordo Anulare (se non avete mai vissuto a Roma, non potete capire).
Un giorno, ho provato a parlare con il mio capo, chiedendo almeno un po’ di flessibilità oraria (ovviamente “timbravo il cartellino” e non sarebbe stato un problema controllare ora di ingresso e ora di uscita) per non subire lo stress del traffico. Alla sua risposta sarcastica, seguirono, il giorno dopo, le mie dimissioni.
Per una manciata di anni, mi sono dedicata alla libera professione come consulente SEO. E quel periodo ha cambiato totalmente la mia visione del lavoro. Nonostante si fossero moltiplicati i miei compiti, producevo molto di più.
Quando avevo cali di attenzione, uscivo a passeggiare e tornavo con il doppio delle energie, riuscivo ad aggiornarmi con costanza: avevo trovato il perfetto equilibrio delle mie giornate al ritmo dei miei bisogni.
Quando nel 2014, ho fondato Quindo, avevo chiarissimo che le cose per me importanti in un’agenzia erano due: la qualità del lavoro e il rispetto del tempo di chi avrebbe lavorato per me (la soddisfazione personale è il trampolino delle performance).
Mi piace pensare che chi sceglie Quindo, sceglie una filosofia di vita più che un posto di lavoro. Fiducia, responsabilità, equilibrio, gentilezza e rispetto, per me sono molto più importanti di qualsiasi competenza tecnica (anche questo l’ho imparato a mie spese).
Lasciare alle persone maggiore autonomia e flessibilità nel gestire le modalità di lavoro comporta anche condividere la responsabilità sui risultati: ognuno deve essere in grado di organizzare il proprio lavoro con autonomia e disciplina.

Q. Com’è percepito all’interno dell’azienda e qual è la percezione esterna?

A. Durante i colloqui di lavoro, la prima cosa che dico è che Quindo non avrà mai uffici: qualcuno è entusiasta, qualcuno è spaventato. All’interno dell’azienda è un dato di fatto ormai consolidato. Spesso nasce il desiderio di incontrarsi, ma è il piacere di stare insieme che ci muove e non la necessità.
All’esterno c’è scetticismo da parte di alcuni colleghi, altri pensano che il “modello Quindo” sia il modello del futuro, in molti c’è l’interesse nel capire come gestisco i dipendenti e perché non ho “manie di controllo”.
Per quanto riguarda i clienti italiani, a volte c’è titubanza, ma sempre più spesso c’è curiosità: Quindo ha diverse peculiarità. Non solo è un’azienda completamente distribuita, ma è anche praticamente al 99% composta da tecnici e professioniste donne.
Non abbiamo un reparto commerciale, il nostro fatturato è generato solo ed esclusivamente da tre canali: il posizionamento organico del mio sito personale per la consulenza SEO, il posizionamento organico del sito di Quindo e il passaparola (clienti felici, colleghi, altre agenzie, persone che ascoltano i nostri interventi ad eventi, etc).

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“Siamo un’azienda completamente distribuita e al 99% composta da tecnici e professioniste donne.”

Q. Come siete organizzati in Quindo? Raccontami una giornata tipo.

A. La verità è che non esiste la “giornata tipo” perché ogni dipendente in Quindo, costruisce la giornata intorno ai propri bisogni personali: c’è chi ha il cane da portare a passeggio, c’è chi ha i bimbi da portare a scuola, chi deve occuparsi dei genitori anziani, chi ama dormire al mattino e lavorare nel pomeriggio e chi è super mattutino.
Il lavoro è organizzato su giornate di 6 ore perché, lavorando nel settore ormai da moltissimi anni, so bene quanto può essere complesso e stancante (mentalmente) questo lavoro. Sono molto attenta ai dettagli e alle virgole, desidero che lo sia anche il mio staff, quindi preferisco lavorino meno, ma bene.
Non ci sono restrizioni particolari e tutto è molto flessibile, di norma chiedo la reperibilità in fasce orarie 9/16 o 10/17, perché il mondo fuori da Quindo ruota ancora intorno all’ “orario di ufficio”.
Tutto viene gestito in modo virtuale: Monday per la gestione delle attività e dei progetti, Google Drive per la condivisione del materiale, Google Meet o Skype per fare riunioni con i clienti o tra di noi.
Q. Smart working e aziende italiane, pregi e difetti secondo te.

A.
Credo che anche per le aziende italiane, il lavoro da remoto sia una delle migliori opzioni possibili, anche da un punto di vista ecologico (nel senso più ampio possibile di relazione tra essere umano e spazio in cui vive). Gli strumenti per lavorare in remoto ci sono, le metodologie per misurare la produttività dei collaboratori anche.
In un’ottica imprenditoriale, si può assumere professionisti/e senza confini, né barriere e costruire un team all’insegna del talento e della diversity. Tutti gli studi in merito dimostrano che le persone che lavorano da remoto sono spesso molto più produttive e motivate.
Non meno importante: si riducono (di molto) i costi fissi aziendali.
I difetti? Il cronico analfabetismo digitale italiano e la mancanza di una rete internet performante su tutto il territorio nazionale sono i principali. Si possono riscontrare problemi di condivisione delle informazioni o di coordinamento, ma per questo è importante scegliere con attenzione il proprio staff e valutare le soft skill legate alla comunicazione.


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Q. Secondo la tua esperienza, cosa miglioreresti ancora o vorresti migliorasse?

A. Secondo me in Italia abbiamo un enorme problema culturale: l’imprenditore medio vuole “vedere” gli impiegati alla scrivania e pensa che chi si trattiene di più in ufficio, anche dopo l’orario di lavoro, produce di più.
Ci sono poi problemi di ordine pratico, non più tardi di un paio di settimane fa, la Regione Toscana (Quindo ha sede legale a Lucca) ci ha negato la possibilità di attivare uno stage con una ragazza di Reggio Calabria.
A nulla è valso il mio sforzo di spiegare che ho formato centinaia di persone a distanza, l’impiegata della Regione è stata lapidaria: “non ho mai avuto una richiesta simile, non si può fare”.
Si parla molto di lavoro agile ed è un bene, il problema, come spesso accade nel nostro bellissimo paese, è che le leggi vengono promulgate da persone che non conoscono la materia.


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