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Dal talento al business episodio uno: The Paper Coach

paper coach

C'è chi sceglie di trasformare un suo talento in una professione o una startup fuori dagli schemi. Micaela Terzi è una di loro ed è The Paper Coach.

Prosegue incessante la mia esplorazione nel mondo del lavoro, alla ricerca di novità, spunti e riflessioni.
Attorno a me vedo un mondo che si muove, vedo realtà che nascono sulla spinta di passioni, talenti e anche un po’ di follia.
Ho pensato che fosse bello condividere tutto questo dialogando con chi ha scelto di trasformare un suo talento nascosto in una professione o una startup fuori dagli schemi.
Iniziamo conoscendo Micaela Terzi, The Paper Coach: una life coach con una passione smodata per il journaling e la cartoleria, che attraverso la scrittura e altre tecniche creative aiuta le persone a realizzare i loro progetti.

We are born to do: il passaggio dal talento al business è l’entrare in azione

Q: Paper Coach, la domanda è tanto scontata quanto necessaria: mi spieghi il significato del tuo “job title”?

A: Mentre completavo la mia formazione come coach e ultimavo il tirocinio, ho iniziato a pensare al “metodo” che avrei voluto adottare una volta ottenuta l’abilitazione e al nome che avrei dato alla mia attività.
Da sempre sono appassionata di cartolerie e di tutto ciò che ha a che fare con la carta. Ma al di là di una passione che nutro da tanto tempo, quando sono diventata una startupper ho iniziato ad utilizzare la carta come strumento di innovazione, e non solo come attivatore della creatività.
In pratica ho sperimentato una serie di strumenti e metodologie che partivano dall’utilizzo delle mani per creare modelli tridimensionali del pensiero e trovare soluzioni innovative. Ho quindi deciso che avrei portato questo metodo nel mio modo di fare coaching, per aiutare le persone a realizzare i loro progetti e le loro idee, con le loro mani (e con la carta). Da qui il nome The Paper Coach.

Q: Aiutami a capire meglio: chi sono i tuoi clienti ideali? Quali sono le caratteristiche che deve avere un imprenditore o una startup per rivolgersi a te?

A: I miei clienti ideali, prima di tutto, devono avere senso dell’umorismo. Il mio lavoro mi piace e mi diverte, e credo fermamente che realizzare i nostri progetti e le nostre passioni dovrebbe essere un percorso prima di tutto divertente. Insomma, non stiamo andando al patibolo, stiamo realizzando qualcosa che ci esalta! Il che non significa che non sarà faticoso, ma sicuramente il duro lavoro diventa più divertente con una buona dose di humor.
Mi piacciono le persone e le startup che hanno il coraggio di mettersi in gioco e provare strumenti e metodi che non conosco. Quando ci si affida ad un business coach credo ci si debba prima di tutto fidare e affidare. Perché non si può costruire un percorso insieme se non si pensa che la persona che hai davanti ti possa davvero aiutare. Anche quando ti propone di fare cose “strane” e cioè cose che magari non hai mai fatto prima.
Sfido sempre i miei coachee perché credo sia importante rompere gli schemi quando si vuole fare qualcosa di nuovo e di innovativo. Non possiamo pensare di cambiare (noi stessi ed il mondo) continuando a fare sempre le stesse cose.
Quindi mi piace particolarmente lavorare con persone dalla mentalità aperta. Anche se devo dire che il massimo della soddisfazione probabilmente lo ottengo da persone che magari sono un po’ diffidenti e chiuse, ma che alla fine riesco a “portare dalla mia parte” e che capiscono la validità degli strumenti che propongo, anche se all’inizio sono scettiche.
Credo sia normale avere un po’ di paura: essere coraggiosi significa proprio avere paura, ma fare comunque il salto. Non significa essere impavidi e cioè non capire nemmeno cosa sia la paura e lanciarsi solo per il gusto di sentire l’adrenalina che scorre in corpo… Chi si “lancia” in un progetto imprenditoriale deve aver voglia di sperimentare, di fare le cose in modo diverso e di entrare in azione. Anche quando le gambe tremano. Tanto poi ci sono io a fare da rete di sicurezza!

Q: Nel tuo caso una tua passione, che poi era il tratto distintivo della tua identità, ha trasformato la tua professionalità in qualcosa di unico, pensi che questo sia necessario oggi nel mondo del lavoro?

A: Spesso pensiamo che l’innovazione abbia a che fare con la tecnologia e con la scienza. E che se non siamo dei nerd o dei topi di laboratorio non potremo mai diventare degli innovatori.
Io sono convinta che l’innovazione risiede in tante cose, anche in quelle che ci sembrano piccolissime e insignificanti. Ogni miglioramento che portiamo a un processo o a una persona, per quanto piccolo possa sembrarci, è una vera e propria innovazione.
Non serve “l’idea del secolo” per fare qualcosa di innovativo. Serve la voglia di lavorare duro e trovare soluzioni creative. Scavare in profondità in quello che conosciamo, in quello che ci appassiona, in quello che ci incuriosisce, e creare nuove connessioni creative e originali tra concetti che magari sono già conosciuti.
La creatività non significa inventare qualcosa da zero, ma prendere quello che si ha e combinarlo in modo differente. In modo innovativo. Per fare innovazione, insomma, credo che prima di tutto dobbiamo conoscerci profondamente, capire che cosa ci “accende” e provare a trovare soluzioni nuove a vecchi problemi, per aiutare le persone e le aziende a realizzare i propri desideri.

Q: “Ho visto sul tuo sito che hai appena lanciato il coaching in scatola, di cosa si tratta?

A: Da sempre amo il digitale, ma questo non significa che sia pronta ad abbandonare l’analogico. Anzi… La combinazione di questi due aspetti secondo me è esplosiva e dà risultati incredibili. Perciò ho iniziato a pensare che mi sarebbe piaciuto unire digitale e analogico in un unico prodotto. Da lì mi è venuta l’idea dei corsi di coaching… In scatola.
E cioè di corsi online che le persone possono seguire in autonomia, comodamente da casa, abbinati a una scatola che contiene tutti i materiali per fare gli esercizi e approfondire il tema del corso. Spesso le persone acquistano un corso online e poi se lo dimenticano. La scatola invece posso tenerla sulla mia scrivania e ricordarmi che ho un lavoro da fare. E tra l’altro farlo con degli strumenti molto belli e funzionali all’obiettivo che voglio raggiungere.
Le mie Coaching in a Box si trovano online sul sito www.coachingbox.it e per ora sono dedicate una al journaling e l’altra al planning.

Q: “Che consiglio daresti a chi ha un’idea imprenditoriale e vuole provare a trasformarla in un business?”

A: Il mio consiglio è: inizia subito a fare qualcosa. Come copertina della mia pagina Facebook ho scelto una frase in cui credo molto:

We are not born to wait. We are born to do.

Non siamo nati per aspettare. Siamo nati per fare. I grandi progetti, anche quelli che ci sembrano incredibilmente ambiziosi, sono stati realizzati un passo alla volta. Dobbiamo avere voglia di fare quel primo passo e di entrare in azione. Con qualcosa di piccolo, ma che sia qualcosa di concreto.
Per questo consiglio sempre a chi lavora con me un piano d’azione fatto di piccoli passi. Una volta fatto il primo gli altri vengono di conseguenza. Ma se non abbiamo il coraggio di compierlo rischiamo di stare ad aspettare per sempre. Va bene la preparazione, va bene lo studio, ma queste cose non escludono l’azione.
Se vuoi realizzare un progetto entrare in azione può anche significare acquistare un dominio. Ma è qualcosa che rende concreto un tuo pensiero e inizia a trasformare la tua idea in realtà.

Dal talento al business episodio uno: The Paper Coach

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