Corporate Innovation

Il senso del lavoro, uno sguardo al futuro

futuro del lavoro e nuova evoluzione aziendale

Il senso del lavoro, uno sguardo al futuro - Spremute Digitali - Magazine Online

Nell’articolo di Luglio chiudevo con una frase: “Oggi ci si interroga molto sul “senso” del lavoro: sia perché le nuove generazioni hanno questo come obiettivo molto forte (più dello stipendio, del posto fisso, dei benefit), sia per la nascita di realtà che vogliono andare oltre il profitto, facendo qualcosa per la società e l’ambiente, come le splendide B-Corp.
Il tema è sempre più forte, in un post di Morning Future, il blog di Adecco Group, leader nel mercato del lavoro – nonché mio ex datore di lavoro – si legge: “Più dell’82 per cento dei ragazzi punta a un buon equilibrio tra lavoro e vita privata, l’84 per cento vuole vivere e lavorare in modo coerente con i propri valori, il 69,8 per cento si impegna a rendere il mondo un posto migliore, il 76,3 per cento vorrebbe essere fiero del proprio datore di lavoro.
Questo tema del senso, dell’etica e dell’innovazione imprenditoriale mi incuriosisce davvero moltissimo, così ho deciso di provare a capirne di più facendomi aiutare da chi lavora proprio su questi aspetti.
In una delle mie ultime esperienze lavorative ho lavorato con Francesca Ronfini che, dopo un passato in azienda, ha fondato una sua società proprio per lavorare su queste aree e abbiamo condiviso assieme alcuni spunti in una recente chiacchierata.


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Uno sguardo al futuro del lavoro e alla nuova evoluzione aziendale

Q. Francesca, vista la tua esperienza, posso chiederti se e come sta cambiando la logica aziendale da puro profitto a una sinergia profitto-valore?

A. Ho iniziato a lavorare in pubblicità nei primi anni 2000, e nel 2009 – quando è iniziata la rivoluzione digitale – mi trovavo negli USA e ho vissuto in prima persona come in pochi anni si siano ribaltate le logiche economiche e sociali, con cui la mia generazione aveva sempre vissuto e lavorato. Questo cambiamento è stato preso di petto da alcune aziende con cui lavoravo, ma tante altre si sono trovate impreparate. La differenza fondamentale nel riuscire a trasformarsi o nel soccombere, ho notato, l’ha fatta innanzitutto la cultura aziendale.
Nell’economia della produzione di massa e del valore finanziario le aziende si sono sviluppate con l’obiettivo di crescere in dimensioni e restituire valore agli investitori. Per molte aziende si può dire che i consumatori sono stati un mezzo, più che un fine, basando la propria crescita su barriere all’ingresso ed economie di scala, più che sull’assoluta soddisfazione dei propri clienti. Si pensi alle telecomunicazioni, al settore bancario, ai trasporti, ma ce ne sono tanti altri.
Con l’avvento dell’economia digitale e con i cambiamenti che ha portato non solo nella natura stessa dei mercati, ma anche nel modo in cui le persone gestiscono i propri consumi e comunicazione, le aziende hanno dovuto cambiare ottica e prestare tutta la loro attenzione ai propri clienti e utenti. La scala industriale è diventata sempre meno rilevante, a garantire la crescita in questo nuovo mondo sono la creazione di valore percepito, l’integrità di operato e la trasparenza di comunicazione. Da questo punto di vista credo che l’adozione da parte delle aziende del digitale sia più importante come “forma mentis” prima che operativa: il digitale come sinonimo di conoscenza e costante soddisfazione dei propri clienti, di velocità e semplicità di operato, di una cultura basata su etica e valori condivisi e di una costante ricerca d’innovazione.
Ora, secondo me, siamo a un altro punto di svolta: questo cambiamento si è inserito in un’epoca in cui i problemi economici, sociali e ambientali sono diventati sempre più sentiti e gli individui – connessi all’interno della propria comunità e con il mondo intero – fanno sempre più sentire la propria voce nel richiedere che, anche le aziende private s’impegnino a contribuire nella creazione di benessere e di eguaglianza. Questo, a mio avviso, è la nuova evoluzione che le aziende devono cogliere. Dopo aver accettato il cambiamento del proprio operato e della natura stessa dei loro prodotti e servizi, devono anche accettare di essere intrinsecamente legate alle comunità in cui sono inserite.

Q. Quali sono i valori etici che secondo te sono maggiormente di interesse lato azienda?

A. Le grandi aziende hanno tutte al centro della propria cultura dei valori, la differenza oggi è come e quanto vengono trasmessi e messi in pratica. Se una volta bastava affiggere i valori aziendali sul muro in entrata, oggi è necessario dimostrare di viverli attraverso azioni concrete: “cosa sei disposto a fare?” chiede la gente, dipendenti inclusi. Nell’epoca industriale e finanziaria l’unico valore tangibile che l’azienda porta al contesto in cui è inserita, passa attraverso la creazione di occupazione e al pagamento delle tasse. Oggi c’è molto più scrutinio da parte del pubblico rispetto alla natura di questo valore, e spesso si richiede che l’azienda dimostri di collaborare in maniera attiva per creare un impatto positivo sull’ambiente, la società e la comunità in cui si vivono i propri clienti.
Secondo il Financial Times il 57% dei consumatori del mondo decide se comprare o boicottare prodotti, sulla base dell’operato del marchio rispetto a temi politici o sociali.


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Q. È per questo che hai deciso di intraprendere una nuova avventura lavorativa?

A. Esattamente: è proprio questo è il pensiero che ci ha portate a fondare New Fish. Pensiamo che le aziende abbiano bisogno d’idee pensate e “disegnate” per una nuova generazione digitale. Crediamo che se un marchio esprime i propri valori con coerenza ed efficacia, il pubblico lo premierà aiutandolo a crescere velocemente.
Esempi di questo tipo iniziano già ad affermarsi: Patagonia (nominato dal magazine FastCompany tra i 25 brand più influenti del momento) porta la difesa dell’ambiente in tutta la sua filosofia commerciale e nel suo rapporto con i dipendenti; JP Morgan Chase, il cui motto “fa la cosa giusta” si evidenzia con l’aperta condanna di chi nega il cambiamento climatico; ma per restare in Italia penso che se oggi ENI è tra le marche più di valore al mondo è anche grazie a iniziative come Enjoy, e che Eataly deve il proprio successo anche alla strenua difesa del patrimonio gastronomico Italiano da parte del suo fondatore.
La nostra expertise si basa non solo sulle nostre competenze di design e comunicazione digitale, ma anche sull’esperienza guadagnata lavorando con fondazioni ed enti no profit, che ci hanno permesso di capire come attivare il sostegno da parte del pubblico per cause rilevanti.

Q. Pensi che questo sia il futuro del lavoro?

A. Le stesse logiche che hanno travolto il modo di fare business delle aziende, hanno rivoluzionato il mondo del lavoro rendendo ciascuno più consapevole e attento al “purpose” del proprio operato e dell’azienda per cui si lavora. Anche in Italia osservo una nuova generazione di talenti che intervista l’azienda sul suo operato e valori tanto quanto viene intervistata. E osservo anche molti tra la generazione X – a cui peraltro appartengo – rimettere in discussione status e posizione per perseguire maggior significato e impatto positivo nel proprio lavoro di tutti i giorni.
So che – nei grandi numeri di disoccupazione in Italia – questi fenomeni sono ancora considerati di nicchia, ma avvengono tra persone che sono in grado di influenzare la cultura.

Il senso del lavoro, uno sguardo al futuro

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