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CEO o HR alla guida della Mindset Revolution? Il punto di vista di Alessandro Donadio e Valeria Bonilauri

mindset revolution

Mindset Revolution: cosa e chi può fare la differenza? Valentina Marini in questo articolo riflette sul tema con Alessandro Donadio e Valeria Bonilauri

Non è Digital Transformation, ma Mindset Transformation“. Questo un concetto che avevo condiviso mesi fa in un articolo in cui ho intervistato Marcello Bugari di Reale Group. Intendevo qui soffermarmi su come ciò che può fare realmente la differenza, dipende dalla capacità delle aziende di introdurre e abilitare una nuova mentalità aperta e agile.
Oggi provo a riflettere concretamente con due colleghi che, come me, hanno un costante dialogo con le imprese: con uno affettuosamente ci definiamo “Brother & Sister”: Alessandro Donadio.

mindset revolution Alessandro Donadio

Alessandro Donadio


Con l’altra siamo colleghe in ELIS e amiche nella vita, ben oltre il lavoro da diversi anni: Valeria Bonilauri.
mindset revolution Valeria Bonilauri

Valeria Bonilauri


Con loro voglio ragionare sulla leadership in questo scenario. Chi è che può effettivamente guidare questa trasformazione: sono i responsabili risorse umane o gli amministratori delegati?

Sono i CEO o gli HR a guidare la mindset transformation?

Ti presento Alessandro:

Alessandro ha iniziato a lavorare in azienda nell’ambito dello sviluppo risorse e della formazione, per poi passare alla consulenza HR e allo sviluppo organizzativo. Appassionato di approccio etnologico, esplora le organizzazioni con un occhio attento alle sue “tribù”: le community.
Il suo blog Metaloghi organizzativi 2.0 è punto di riferimento sul tema della social enterprise. Partendo dall’approfondimento di questo concetto ha cominciato a costruire un punto di vista innovativo sulla trasformazione della funzione HR, corroborato da importanti esperienze sul campo.
È docente alla Business School del Sole 24 Ore e columnist per diverse riviste di management e autore di diversi libri tra cui Smarting UpHRevolution.
Oggi è partner EY e dirige un team chiamato Transformation Trought People.

Ti presento Valeria:

Valeria, milanese, laureata in ingegneria delle Telecomunicazioni al Politecnico di Milano, dal 2016 è responsabile dell’innovazione e sviluppo del centro ELIS, ente di formazione no-profit, con l’obiettivo di realizzare programmi innovativi e di sviluppo sociale coordinando imprese e università.
Tra i principali progetti che ha sviluppato e gestito:

Ha una grande passione per le relazioni che concilia con la tenacia nella realizzazione di progetti. È fermamente convinta del valore dell’intelligenza collettiva come strumento di innovazione: la sua missione è riuscire in ogni progetto a dimostrare che 1+1=3.

Q. Alessandro e Valeria, vi chiedo di presentarvi scegliendo un’immagine digitale

A:
V:

Q. Con un tweet, in vecchio stile 140 caratteri, cosa potete dirci del vostro lavoro?

A: Attraverso organizzazioni per trovare persone. Supporto l’esercizio di immaginare un senso nuovo del lavoro oltre lo spazio ed il tempo, fra luoghi fisici e digitali ed intelligenze umane e non, in relazione fra loro.
V: ELIS forma persone al lavoro. Il mio lavoro è volgere l’intelligenza collettiva a strumento di innovazione sociale: dimostrare che 1+1=3


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Q. Ora una domanda di pancia: cosa direste del vostro presente professionale ai bambini che eravate e che vedevano lontano il lavoro?

A: Gli direi che forse ce l’abbiamo fatta ad integrare la natura creativa ed artistica, che da sempre è stata lì, e la dimensione concreta di chi vuole far succedere le cose. Gli direi che abbiamo incontrato meravigliose persone che ci hanno aiutato a crescere e che, appena abbiamo potuto, abbiamo restituito al nostro meglio.
V: Ti divertivi tanto a montare e smontare ciò che ti capitava sottomano per farlo funzionare. Volevi fare l’ingegnere, l’hai fatto e ora fai funzionare… Le persone!
Non hai perso il tuo animo esploratore e avventuriero che apriva nuovi sentieri nel parco, e ora fai da apripista con progetti di innovazione sociale.

Q. In ELIS stiamo portando avanti nuovi progetti per il Semestre dedicato alla Mindset Revolution. Mi raccontate la sfida per come lo vivete voi? Tu Ale non lo conosci nel dettaglio il progetto, ma ti chiedo un pensiero a caldo.

A: Come sai, io mi occupo di cambiamento da tutta la mia vita professionale e da sempre insisto sul fatto che la scorpacciata digitale sarebbe stata presto sostituita da domande ben più pregnanti: cosa dovremo imparare a fare ed essere nel futuro post-digitale? Come dovremo allenare la nostra mente per evolvere ulteriormente?
Per questo guardo al concetto di mindset come al vero perno su cui fondare una nuova antropologia umana.
V: La grande sfida che hanno assunto 48 CEO delle aziende Consorzio ELIS è accendere un “motore di learning” che permetterà ad ogni singola persona di diventare “future ready”, ossia pronta ad affrontare non solo la quarta rivoluzione industriale, ma anche quelle successive.
Deve diventare abituale studiare e aggiornarsi, non c’è un tempo di studio e tempo di lavoro, ma si entra in un modello di apprendimento continuo (continuous learning).
La “scintilla” che accenderà questo motore saranno 100 esperti di digitale (Human Digital Master) che incarnano le competenze non solo verticali, ma anche quelle trasversali (es. creatività, empatia, decodifica problemi complessi); e che dovranno affiancare in primis i CEO delle aziende aderenti, e loro riporti nella scoperta delle potenzialità delle tecnologie e nelle possibili applicazioni, impatti e sviluppi per la propria impresa. (Qui si possono trovare delle informazioni sul Semestre dedicato alla Mindset Revolution.)

Q. Intravedete delle differenze tra il concetto di Mindset Transformation e quello di Mindset Revolution?

A: Devo dire che le parole iniziano a complicare le cose in questa nostra particolare stagione. Per cui, in punta di definizione, direi che ogni revolution chiama la sua transformation, che sia individuale, organizzativa o sociale.
Forse si può dire che la mindset revolution è quella particolare capacità di guardare oltre e vedere un possibile scenario da realizzare. Mentre la mindset transformation determina le azioni che agiremo per realizzarlo.
V: La trasformazione, etimologicamente, indica un mutamento nell’aspetto esteriore, nella forma, mentre la sostanza non cambia. Parliamo infatti di “Digital Trasformation” perché riteniamo che molti dei processi debbano digitalizzarsi, utilizzare strumenti e accessi digitali (es. il modo con cui interagisco con il customer care del mio operatore telefonico), elaborare dati per dare un supporto a delle scelte operative.
Con il concetto di rivoluzione invece la trasformazione diventa radicale perché dalla forma si passa alla sostanza, si tocca il piano culturale, si arriva ad un concetto evolutivo.
Parliamo infatti di rivoluzione industriale perché c’è un segnale di grande discontinuità: la società cambia le proprie consuetudini, nascono prodotti nuovi, tornare indietro è regredire (torneresti mai a prima dell’introduzione della macchina a vapore, della stampa o addirittura del fuoco?).
La rivoluzione capovolge, innova, conquista, cambia cifra ovvero si dà il via ad un nuovo sistema.


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Q. Chi e come, concretamente, può assumere la guida di questi processi di trasformazione in azienda?

A: Direi che la mindset revolution necessita di essere operata dai ruoli che hanno maggiore responsabilità nella e per la comunità organizzativa. È l’opzione di chi ha per ruolo la possibilità di guardare più lontano, di incrociare dati e sensibilità – le più estreme. Un CEO certo e la sua prima linea. 
La transformation invece spetta a tutti ed è compito diffuso generare quell’energia che serve per cambiare ed evolvere.
Le azioni concrete per un management dal mindset revolution sono la pratica dell’innovazione come linfa del sistema. Il coraggio di sperimentare come caratteristica primaria. Il riconoscimento di chi supporta ogni giorno il lavoro e la passione è l’ultimo tassello di questo cerchio visionario.
V: Le rivoluzioni le fanno le persone, non le macchine. La maggior parte delle nostre organizzazioni sta ancora uscendo dal modello di mindset “tayloristico”, a catena di montaggio, fatto di procedure, in cui è il capo che decide e controlla.
I CEO possono accelerare il processo di trasformazione e dare un nuovo imprinting alle organizzazioni: essere i primi a tornare a studiare per comprendere le potenzialità delle nuove tecnologie e aprirsi al confronto tra colleghi ed esperti.
Dare l’esempio uscendo dalla logica della “best practice” o “ruota del pavone” in cui si fa vedere solo ciò che si è fatto e che è andato bene, ma ci si apre ad un reale confronto con gli altri CEO; abbattere i muri che delimitano l’ambiente di lavoro con quello dello studio e ricerca (università) creando team misti in cui la potenza di fuoco della ricerca viene applicata a casi industriali.

Q. Se un giovane sognasse di diventare un agente di cambiamento in questi processi, che consigli gli dareste?

A: Prima di tutto di studiare avvicinandosi ad alcune fra le fonti primarie della comprensione dell’umano: antropologia, sociologia, psicologia, neuroscienze. Dato che un sistema cambia se le persone cambiano, devi sapere con che potenziale instabile hai a che fare.
Poi gli consiglierei di stare a fianco di qualche vero visionario. Sono spesso nelle fabbriche e negli uffici e non sui palchi questi, per cui gli consiglierei di cercarli lì.
Infine, gli suggerirei di allenare un growth mindset, che è la capacità di vedere in ogni fallimento, fatica, rallentamento o rinuncia un’occasione per imparare qualcosa. Con questo diventi una grande persona qualsiasi cosa tu faccia.
V: Di ampliare la propria rete di conoscenza e di relazioni: non soffermandosi alla cerchia degli amici o colleghi, ma di spaziare anche con persone che molto distanti per interessi, background sociale, nazionalità, ambiente lavorativo.
Allenarsi a comprendere punti di vista diversi e a manifestare i propri. La trasformazione culturale passa necessariamente dalla relazione, non è un’attività meccanica. Chi desidera portare il cambiamento deve essere consapevole che dovrà “far girare ruote quadrate” e deve quindi essere in grado di accettare l’altro e non demordere.

Q. Una provocazione: siete sicuri che le mentalità in azienda possano essere aperte con azioni esterne?

A: Sono sicuro che non sia così. Sono un consulente di cambiamento da troppi anni per pensare che la trasformazione che ho visto praticare in alcune delle organizzazioni in cui ho lavorato, sia stata dovuta a me.
No, come per l’individuo, nelle organizzazioni il cambiamento viene da dentro, sempre. Noi possiamo solo stimolarlo, suggestionarlo, farlo presagire ed immaginare. E so che questo non è poco.
V: Nessuno desidera diventare una persona peggiore, ognuno di noi vuole migliorarsi. La mente però è come un muscolo, se non si allena perde tonicità ed elasticità: come quando si torna in palestra dopo un’operazione o un lungo periodo di inattività; serve qualcuno che ci spieghi quali esercizi fare e ci accompagni nelle prime “sedute”. Così anche per cambiare il mindset serve un accompagnamento costante, un coach (manager, HR, colleghi) che aiuti a comprendere quali sono le mie abilità e cosa devo allenare per tornare a “correre”.
Le azioni esterne possono essere anche piccoli stimoli quotidiani (es. un articolo nella intranet, un TedX segnalato da un collega) che attivano o riattivano i neuroni.

Q. Tre caratteristiche che a vostro avviso descrivono un’azienda che persegue Mindset Transformation.

A: Le evoco un po’ dalla biologia e dagli studi sui sistemi adattivi complessi, i migliori a trasformarsi per sopravvivere:

  • Apprendono da tutto quello che fanno e sperimentano;
  • Non si innamorano delle forme: quando è il momento di sostituire un ruolo, un processo, una modalità, semplicemente lo fanno;
  • Ogni attore è insieme parte e tutto. Ogni persona è braccio, mente e cuore e la sua energia arriva dappertutto.

V: Un’azienda che persegue la Mindset Revolution:

  • Ha un CEO che comunica (sui social, nella intranet…) ciò che sta studiando;
  • Permette ai propri dipendenti di dedicare tempo allo studio e li aiuta a crearsi un piano di formazione personale (anche indipendente dai piani di sviluppo);
  • Integra nei propri team di lavoro studenti e professori universitari.

Q. Condividete con noi in chiusura una citazione per esprimere il concetto di Mindset Transformation?

A: Te la dico con il nome del team che mi onoro di dirigere in EY:

Transformation trought people!

Come sai, dopo anni dedicati a scrivere libri e articoli su temi organizzativi, ora mi sono cimentato con un romanzo (mi trasformo anche io!). Parla di cambiamento interiore profondo, della capacità di riconoscere chi sei e cosa puoi dare. Del perdono e della musica che ognuno di noi ha nella testa.
È un crowdfunding e se vi va lo potete sostenere preordinandolo qui: https://bookabook.it/libri/la-canzone-fedo/
V: Per esprimere il concetto di Mindset Revolution, sceglierei un brano del meraviglioso discorso che Ulisse fa ai suoi compagni per spronarli a continuare il loro viaggio oltre le colonne d’Ercole, ritenute il confine del mondo:

“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza” (verso 119, canto XXVI dell’Inferno di Dante Alighieri).


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