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SEO e coronavirus: come sono cambiate le SERP e lo user intent ai tempi del Covid-19

covid ricerche utenti

Il coronavirus ha completamente trasformato la quotidianità delle persone e, di conseguenza, le esigenze di acquisto e le ricerche effettuate online. Come?

La pandemia che ha colpito il mondo negli ultimi mesi ha completamente trasformato la quotidianità delle persone e, di conseguenza, il loro rapporto con i marchi e i prodotti di tutti i giorni.
Al contempo, quindi, sono cambiate le esigenze di acquisto e le ricerche effettuate online: ma che portata ha avuto questo fenomeno? Quanto e come ha interferito sui posizionamenti dei siti sui motori di ricerca e sul business online di tanti marchi, anche importanti?

Riccardo Gaffuri

Riccardo Gaffuri, Head of SEO Pro Web Consulting


Abbiamo fatto una chiacchierata con Riccardo Gaffuri, Head of SEO di Pro Web Consulting – società di consulenza, parte del Gruppo Cerved, che si occupa proprio di SEO, CRO, SEA e Web Analytics – che sta studiando proprio gli impatti dell’emergenza sanitaria sulle SERP.

Come hanno reagito i brand e i loro siti

Google stesso ha messo in atto dei cambiamenti, fin dalle prime mosse dell’emergenza: ad esempio, gli accordi con il Governo per far apparire in SERP prima i risultati ufficiali e le fonti governative, in modo da assicurare un’informazione pulita e scongiurare il posizionamento in prima pagina di notizie approssimative o false. E i cambiamenti in SERP, anche involontari, ci sono stati eccome: le settimane del lockdown sono state caratterizzate da una forte volatilità, cioè una fluttuazione dei posizionamenti di siti per parole chiave specifiche.
Le aziende hanno reagito – o subito le conseguenze della situazione – sostanzialmente in tre modi diversi:

  • Ci sono brand e interi settori che, purtroppo, hanno dovuto affrontare cali di traffico notevoli per non dire totali, proprio per l’impossibilità di erogare i propri servizi. Basti pensare al settore del travel e dei voli aerei;
  • Ci sono poi aziende che hanno dovuto velocizzare la digitalizzazione o trasformare molto il proprio business, per far fronte a richieste diverse o più massime. Un esempio è la ristorazione, che ha dovuto approntare piattaforme per la prenotazione del cibo a domicilio e, ora, per l’asporto, in modo da contingentare al meglio gli accessi dei clienti e ottimizzare la gestione degli ordini;
  • Infine, ci sono i brand che non sono riusciti – in maniera del tutto paradossale – a sfruttare l’enorme opportunità fornita dal lockdown. Parliamo di coloro che, per ragioni di approvvigionamento di magazzino carente o di logistica troppo “lenta”, sono stati costretti a bloccare il servizio di e-commerce a causa di una richiesta fuori portata, che avrebbe potuto garantire grandi guadagni.

In relazione a quest’ultimo punto, quindi: che cosa gli utenti hanno iniziato a ricercare massivamente, durante la quarantena?

Search intent e categorie di prodotto più ricercate nell’emergenza

L’isolamento obbligatorio ha portato grandi modifiche nella vita delle persone, ergo anche grandi modifiche nelle informazioni e nei prodotti ricercati online.
Un enorme volume di ricerca è, ovviamente, legate a keyword informazionali sul virus in sé, sui decreti-legge, sulla normativa e le misure di sicurezza, sui comportamenti e le norme igieniche per prevenire la diffusione, sul trend dei contagi per zona/Regione etc.
Ma non solo, cambiano sicuramente gli intenti di ricerca, così come nuove keyword entrano di forza tra le più utilizzate dagli utenti.
Un esempio di search behavior diventato un vero pattern durante il lockdown è l’aggiunta della coda lunga “a casa” per tantissime ricerche: attività che prima veniva fatte in spazi appositi – come il crossfit o lo yoga – a prodotti che prima venivano acquistati fuori, già pronti – basti pensare al boom del pane fatto in casa.
E ci sono stati veri boom di richiesta di alcuni prodotti specifici – a parte mascherine, guanti in lattice e… Lievito di birra. Da un’analisi fatta da Search Engine Journal sul mercato americano, emergono nel retail alcuni prodotti che hanno avuto un picco di richiesta: giochi da tavolo e puzzle, ad esempio, per passare il tempo in casa, oppure piscine gonfiabili per il giardino quando le temperature hanno iniziato ad alzarsi.

Come affrontare la fase 2 dal punto di vista del digital marketing 

Farsi trovare preparati è la prima regola: sicuramente molti marchi dovranno attrezzarsi – non solo dal punto di vista digitale, ma anche logistico – per un eventuale ritorno al lockdown, così da perdere opportunità di business.
Per il momento, soprattutto per chi ha perso traffico, meglio non intestardirsi a cercare di recuperare la visibilità di prima: meglio, infatti, concentrarsi sulle conversioni, sui clienti rimasti, per fornire loro un’ottima CX e fidelizzarli.
Può essere utile usare tool quali Google Trends, in modo da tenersi al passo con i nuovi trend di ricerca degli utenti e riuscire a coglierli – se non anticiparli – al momento più opportuno. Ad esempio, cosa servirà agli utenti italiani ora, con l’arrivo dell’estate, in un periodo comunque di limitazioni e attenzione a contatto/spostamenti?
Infine, se ancora non lo avete fatto, prendere esempio dai maggiori brand, che hanno subito dedicato una pagina – o almeno una sezione, un pop-up – proprio all’emergenza sanitaria: per tranquillizzare i clienti, spiegare come il marchio stia affrontando la situazione e garantire sicurezza e puntualità nelle spedizioni o nell’erogazione dei servizi.


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