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Intelligenza Artificiale: mantra della rivoluzione industriale 4.0?

intelligenza artificiale e lavoro

Intelligenza artificiale e lavoro: un argomento che ha sempre destato dubbi sul fronte dell’occupazione come tutto ciò che è innovativo.

Quando si parla di innovazione oggi, soprattutto legata alla Rivoluzione Industriale 4.0, l’intelligenza artificiale ne è considerata la tecnologia più dirompente. Anche se l’integrare o sostituire con mezzi artificiali tante attività, fino ad oggi svolte esclusivamente dagli uomini, suscita timori di varia natura: dall’aumento della disoccupazione, fino all’estrema degenerazione di un potenziale predominio dei robot sull’essere umano.
Ma davvero un computer ha la capacità di elaborare ragionamenti tipici della mente umana? Potrebbe sostituirci nelle nostre quotidiane mansioni lavorative? Se sì, in quali?
Fin dove è in grado di discernere cosa è conveniente fare e cosa non lo è? E se l’intelligenza artificiale fosse in grado di generare nuove opportunità professionali per “umani”, con la creazione di nuove figure in grado di gestire le macchine?
Le questioni sono molteplici e di varia natura.

Intelligenza artificiale e lavoro: un nuovo paradigma per l’occupazione

Qualche mese fa ho avuto il piacere di partecipare alla presentazione del volume “Intelligenza Artificiale e lavoro – Costruire un nuovo paradigma per l’occupazione”.
Sul fronte dell’occupazione e del mondo del lavoro possiamo dire, in effetti, che tutto ciò che è innovativo e “artificiale” ha sempre destato forti sospetti soprattutto inizialmente. E l’intelligenza artificiale non è da meno.
La scelta della parola mantra (“strumento del pensiero” [da Treccani, sanscr. der. di man– «pensare» col suff. –tra, che ha valore strumentale) nel titolo non è a caso.
L’intelligenza artificiale è uno strumento che solo nelle mani dell’uomo può prendere forma, innescare, generare, modificare, costruire.
E qui il sunto della mia intervista ad Enzo Maria Le Fevre Cervini, uno dei coautori del libro e Coordinatore del Gruppo Tematico OCSE sulle tecnologie emergenti nella Pubblica Amministrazione.

Il parere di uno degli autori del libro “Intelligenza Artificiale e lavoro – Costruire un nuovo paradigma per l’occupazione

Il libro affronta il tema dell’Intelligenza Artificiale applicata al mondo del lavoro e ne offre spunti interessanti che, anziché minarne il ruolo, esaltano le capacità dell’essere umano, meramente legate alla sua intelligenza biologica.
Questa intervista è uno scambio di opinioni sull’argomento, un confronto con un cultore della materia.

Q. Enzo, iniziamo dagli autori, poiché il loro ruolo è fondamentale nel capire i punti di vista. Da dove è nata l’idea del libro e la collaborazione con Juan Gustavo Corvalán e Luis Cevasco? 

enzo maria le fevre cervini

Enzo Maria Le Fevre Cervini


A. Luis Cevasco è stato fino a pochi mesi fa il Procuratore della Città di Buenos Aires.
Juan Gustavo Corvalàn è Vice Procuratore Generale della Città di Buenos Aires e Co-Direttore del Laboratorio di Innovazione e Intelligenza Artificiale (IALab) della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Buenos Aires.
Corvalàn è anche tra gli ideatori del sistema Prometea, un’intelligenza artificiale, basata su algoritmi auto – esplicativi, che da anni assiste il comparto giustizia argentino.
Ho iniziato a collaborare con l’IALab nel 2018 dopo una mia missione in Argentina, con l’obiettivo di contribuire allo sviluppo di Prometea da una parte, e con quello di continuare a fare ricerca sull’uso delle tecnologie emergenti nel settore pubblico.
Già nel 2017 quando l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) lanciò la Task Force sull’IA nel settore pubblico, eravamo costantemente bombardati da titoloni a mezza pagina di giornale e dichiarazioni politiche che sostenevano che questa avrebbe diminuito i posti di lavoro.
Da qui, ma anche da un’esigenza fattiva di voler far luce sul reale impatto delle tecnologie emergenti nel mondo del lavoro, abbiamo iniziato a lavorare al libro.
Quest’ultima versione è stata fatta assieme a Edizioni di Comunità, fondate da Adriano Olivetti nel 1946.

Q. Nel libro vengono presentati alcuni casi studio, vuoi parlarci di come viene applicata nello specifico l’Intelligenza Artificiale nella gestione delle sentenze a Buenos Aires? 

A. Prometea viene utilizzata in molti settori della giustizia argentina, un’IA che assiste i giudici e il back-office a rendere il proprio lavoro più veloce, ma anche più accurato.
Ad esempio la Procura della Città di Buenos Aires utilizza Prometea in modalità predittiva: analizza le istanze in arrivo, ne comprende la materia, le confronta con tutte le leggi e le sentenze emesse dal 2016 in poi e fornisce al giudice un modello, che dovrà essere da questo rivisto e infine elaborato nella forma di una sentenza definitiva.
Uno dei progetti a cui tengo di più è quello relativo all'”Automazione di processi e denunce riguardanti la violenza di genere”. L’obiettivo è migliorare il servizio giudiziario fornito alle donne che vengono a denunciare reati commessi in un contesto di violenza di genere.
La ricerca si è concentrata sull’applicazione di un sistema di intelligenza artificiale capace di automatizzare alcune importanti fasi del procedimento di denuncia, verifica e elaborazione del lavoro delle procure per rendere più celere la presa in carico di casi di violenza di genere per meglio assistere le vittime.
Con le risposte fornite dal denunciante, l’algoritmo prepara la denuncia e tutti gli altri documenti che, a seguito delle risposte fornite, è opportuno predisporre per la firma della vittima. In questo modo, tutti i documenti necessari al proseguimento dell’attività giudiziaria vengono predisposti contestualmente alla denuncia.
Nel test pilota condotto per ottenere le misurazioni, è stato calcolato il tempo impiegato da un agente giudiziario per presentare la denuncia: nel modo tradizionale sono stati necessari 55 minuti; con l’aiuto dell’intelligenza artificiale i documenti sono stati preparati in soli 2 minuti. Rendendo quindi il processo più efficiente del 95%.
Oggi Prometea ha varcato le soglie nazionali argentine ed è stata adottata anche dalla Corte Costituzionale Colombiana.


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Q. Quali sono a tuo parere le ripercussioni positive e negative dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro? 

A. Ormai da molti secoli, gli esseri umani coesistono con macchine che sostituiscono o migliorano le nostre capacità fisiche. Ora ci stiamo adattando per integrare o sostituire, con un mezzo artificiale, ciò che eravamo soliti fare con la nostra intelligenza biologica.
Come di solito accade prima di ogni rivoluzione tecnologica, emerge l’idea che le macchine prenderanno il posto dei nostri lavori. Bisogna mettere da parte i fatalismi per focalizzare l’analisi in tre principali tendenze legate all’impatto dell’intelligenza artificiale e della robotica sull’occupazione:

  • l’impiego di intelligenza artificiale aumenterà nelle mansioni meccaniche e le persone verranno riassegnate a compiti maggiormente creativi e produttivi;
  • invece di considerare l’automazione come una minaccia, sarebbe più opportuno pensare a come sfruttarne le opportunità e i benefici per aumentare la competitività economica della regione;
  • le aziende e i governi dovrebbero investire nello sviluppo delle competenze di coloro che non sono sufficientemente preparati per poter cogliere le nuove opportunità di lavoro.

La “cobotizzazione” a cui ci stiamo man mano avvicinando avrà delle ripercussioni sia positive, sia negative.
Quelle negative però sono per la maggior parte legate alla mancata conoscenza del mezzo. Non sapere come e perché l’intelligenza artificiale prende una determinata decisione, è un problema che sempre di più gli uomini inizieranno a porsi.
Questo richiede necessariamente la conoscenza del linguaggio dell’intelligenza artificiale e le sue caratteristiche. Un po’ come pensare di andare a lavorare in un paese straniero senza conoscere la lingua del luogo. Ecco, l’IA, e in generale la tecnologia, sono oggi linguaggi che dobbiamo essere in grado di comprendere.
La rivoluzione a cui stiamo assistendo però, è talmente rapida che rischiamo di creare grandissime disuguaglianze tra chi conosce questi linguaggi: pochissimi; e chi non sa neanche che esistono: la maggioranza della popolazione mondiale.
Eppure questi linguaggi sempre più determinano la produzione e la produttività delle nostre economie. Esserne all’oscuro equivale a non capire come queste evolvono e come si governano.

Q. Qual è il tuo punto di vista sulle ampie possibilità che tale tecnologia è in grado di offrire al settore pubblico?

A. Il settore pubblico non è all’oscuro di questa tecnologia, in alcuni casi la utilizza da decenni.
Pensiamo all’uso dell’intelligenza artificiale per scansionare le radiografie, o l’applicazione nella medicina cardivascolare, come ci dimostrano i recenti studi di Carlo De Cecco.
E in quello della logistica, dai semafori intelligenti, che elaborano i flussi di traffico e modulano una risposta immediata per smaltire ingorghi, alla ripartizione delle merci negli interporti o nelle grandi strutture di distribuzione.
In un recente Working Paper dell’OCSE, pubblicato assieme a Barbara Ubaldi, sullo “Stato dell’arte nell’uso delle tecnologie emergenti nel settore pubblico” ho evidenziato le principali opportunità e sfide per l’uso delle tecnologie emergenti (ET), e in particolare l’IA e la Blockchain.
Sulla base dei primi risultati dell’analisi delle prove raccolte in 20 paesi, il documento offre alcuni spunti sullo stato dell’arte delle strategie e degli esempi pratici su come i governi stanno tentando di integrare tali tecnologie nel settore pubblico.
L’intelligenza artificiale può svolgere un ruolo fondamentale nel semplificare i processi o aumentarne l’efficienza. La crescente domanda di servizi che rispondono meglio alle mutevoli aspettative degli utenti in termini di reattività e personalizzazione, unita ad elevate aspettative sul ruolo del governo nell’era digitale, ha richiesto un settore pubblico tecnologicamente maturo.
Ad esempio, il governo dovrebbe essere in grado di sostenere l’applicazione del “Principio Once Only” come mezzo per interrompere la spesso frustrante interazione tra cittadini e pubblica amministrazione. L’intelligenza artificiale e l’innovazione basata sui dati sono elementi di supporto per colmare questa lacuna.
Un governo digitale può utilizzare l’intelligenza artificiale per fornire servizi più vicini alle esigenze e alle preferenze degli utenti e quindi avere il potenziale per migliorare il loro benessere.
L’intelligenza artificiale può essere utilizzata per aumentare l’efficienza operativa e liberare risorse per compiti a maggior valore aggiunto; e consentire maggiori capacità di previsione per l’elaborazione di politiche e servizi più intelligenti.
Tuttavia, ci sono ancora molte sfide che i governi devono superare per garantirne un utilizzo efficace, come la disponibilità dei dati, l’interoperabilità, gli standard e la privacy, nonché questioni relative alla sicurezza e all’etica.
Considerando il ruolo crescente dell’intelligenza artificiale nei settori pubblici, è fondamentale che i governi e i regolatori riesaminino il ruolo che dovrebbero svolgere per garantire un equilibrio tra l’incoraggiamento a favorire l’innovazione e il miglioramento dei servizi, tutelando al contempo il pubblico e gli interessi degli utenti dei servizi da potenziali conseguenze negative non intenzionali dell’uso di queste tecnologie dirompenti.
L’Italia è stata la prima ad elaborare un Libro Bianco sull’uso dell’IA a servizio del cittadino: un importante documento che fa scuola nel concepire uno specifico uso dell’intelligenza artificiale nel settore pubblico.
Questo infatti risponde non a logiche di mercato, ma a principi più alti, come quelli di garantire la tutela dei diritti umani e il rispetto delle libertà fondamentali dell’uomo.
L’IA nel settore pubblico deve essere sottoposta al principio della responsabilità, non dovrebbe mai essere un algoritmo a decidere in ultima istanza, ma è vero che potrà aiutare gli uomini a prendere decisioni con più informazioni di oggi.
Ringrazio Enzo Maria per il tempo dedicatomi.
Il libro è una lettura interessante che sfata qualche mito, mettendo da parte i fatalismi e focalizzandosi sull’impatto positivo dell’intelligenza artificiale e della robotica sull’occupazione. Non solo. Evidenzia il ruolo della pubblica amministrazione nel governo del loro impatto.


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