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Viaggio verso la felicità. Tappa n° 5: La palestra della Felicità

acceleratore di felicità

Quando frequentavo il liceo adoravo gli autori latini ed alcune loro frasi mi sono rimaste impresse. Seneca scriveva all’amico Lucillio: Animum debes mutare non caelum. Diceva qualcosa che ognuno di noi in fondo sa, il cambiamento può arrivare solo da dentro.
Ricordo inoltre un corso di formazione, che mi fu offerto da neolaureata, in cui si affermava che in qualunque posto io mi fossi trovata a lavorare, qualunque fossero le condizioni esterne, avrei potuto, con il mio operato e il mio modo di fare, cambiarle.
Sono due principi che mi hanno ispirato molto nella mia vita lavorativa, in cui spesso mi sono inventata modi fantasiosi di svolgere la mia mansione di “responsabile tecnico presso una pubblica amministrazione”.
Un ulteriore elemento che mi accompagna da sempre, sicuramente trasmesso dalla mia stessa famiglia, è l’esercizio, la pratica, il lavoro come strumento di miglioramento. Lo racconto con insistenza ai miei figli.
Oggi, dopo aver parlato della felicità e del lavoro da tanti punti di vista, ti porto alla scoperta di una palestra della felicità. Perché anche la felicità, se allenata, si rafforza, cresce, ci fa compagnia, persino sul lavoro.
Ti racconterò del progetto di due donne, che dopo anni di esperienza nella formazione aziendale hanno deciso di aprire un acceleratore di felicità. La loro è un’associazione culturale che promuove la felicità per tutti, organizzando workshop, incontri, seminari, non tanto teorici, quanto pratici. Insegnano gli esercizi giusti per raggiungere la felicità.
Ho fatto alcune domande a Daniela e Veruska per capire meglio come lavorano.

Partecipare al cambiamento con un acceleratore di felicità

Q. Possiamo definire il vostro percorso come una palestra per allenarsi alla felicità?

A. Certamente. La felicità è una competenza che possiamo allenare, bastano alcune informazioni ed appunto, tanto tanto allenamento. La felicità è da sempre l’argomento più indagato dall’uomo e spesso per il fatto che la si consideri soprattutto un’emozione, ci appare sfuggente, temporanea, dipendente dalle circostanze esterne.
Oggi però sappiamo che la felicità è una competenza, che possiamo dunque imparare e sviluppare. La neuroscienza e la psicologia positiva hanno dimostrato che afferisce alla capacità del nostro cervello di percepire e rispondere alle situazioni del mondo esterno con intenzionalità e calma, invece che con risposte di tipo impulsivo, senza sentirsi minacciati continuamente.
Il nostro è stato un percorso prima di tutto di crescita individuale, per sperimentare su di noi ciò che divulghiamo e proponiamo agli altri. I nostri percorsi sono occasioni per prendere le informazioni su come funzioniamo, che nessuno ci ha insegnato finora, ma esistono e sono anche facili da comprendere.
Facciamo sperimentare in aula i meccanismi di funzionamento della percezione, attraverso dei giochi o degli esercizi divertenti, per capire come entrano in gioco le emozioni, quanto la nostra mente invade costantemente il campo dell’attenzione, in maniera spesso distraente e dolorosa. Quanto la maggior parte delle nostre azioni sia inconsapevole, automatica, frutto di abitudini e credenze depotenzianti che ci portiamo in eredità dai nostri sistemi culturali, dall’educazione che abbiamo ricevuto in famiglia o dalle nostre esperienze scolastiche.
Costruiamo e diffondiamo strumenti per l’allenamento vero e proprio. Perché? Perché abbiamo anche una tendenza alla negatività ben allenata in 600 milioni di anni di evoluzione per difenderci dall’ambiente esterno e sopravvivere alle sue minacce. Dobbiamo dunque allenare, attraverso la ripetizione di comportamenti focalizzati e specifici, la ora naturale tendenza alla positività, alla socialità, alla cooperazione, grazie alla plasticità del nostro cervello che ci garantisce che, con il giusto impegno, possiamo fare della felicità un’abitudine.

Q. Chi sono le persone che si rivolgono a voi per i corsi?

A. Soprattutto aziende, perché hanno capito quanto è importante un clima di felicità e che soprattutto conviene in situazioni economiche e di stress così alto, come quelle a cui siamo sottoposti da alcuni anni. Le aziende poi spesso hanno le leve per agire il cambiamento, se scelgono di investire energie e traghettarsi verso la Positive Organization, possono farlo sul serio.
Grande attenzione la riceviamo anche dal mondo Education. Genitori ed insegnanti, soprattutto da quando Veruscka è diventata mamma, e ha deciso di condividere le sue conoscenze e la sua esperienza per contribuire a creare un sistema di educazione positivo, in cui la felicità dei bambini sia al centro del loro sviluppo e ci sia un’attenzione diversa, più consapevole e aggiornata dei metodi didattici.
Oggi sappiamo come funziona il cervello di un bambino nelle varie fasi del suo sviluppo e possiamo fare molto per accompagnarlo nella direzione della valorizzazione dei suoi talenti, della consapevolezza e del benessere, aiutando anche e soprattutto genitori ed insegnanti a lavorare su loro stessi aumentando la responsabilità verso l’esempio che costituiscono in ogni istante della loro relazione e interazione con i bambini. Ovviamente agire sulle scuole e sul sistema educativo è più sfidante che seminare nelle aziende, richiede più tempo, risorse e cultura, ma noi crediamo fortemente che tutto questo accadrà e stiamo seminando molto in quella direzione.

Q. Quali sono le persone più difficili da allenare?

A. Quelle che vengono affascinate ed incuriosite dall’argomento, ma che poi appena capiscono che devono mettersi in discussione ed essere disposte a rompere i propri schemi, spariscono, cercando alibi come: “non ho tempo, alla mia età non si può cambiare”, “non è così facile”, “si però la mia situazione è più difficile”…
Queste persone inconsciamente hanno deciso che non si meritano la felicità e pur di fronte alle evidenze scientifiche fanno fatica a muoversi verso di essa, perché vittime di credenze depotenzianti, di cui spesso sono inconsapevoli, apprese da bambini o in seguito ad esperienze particolari non rielaborate, che remano contro loro stessi (a tal proposito citiamo Bruce Lipton e la Biologia delle Credenze) e sono più potenti della razionalità o della volontà di dire “da domani lo faccio, m’impegno, ci provo!”
Un’altra categoria è costituita dalle persone con valori e codice etico completamente opposti: quelli cioè che credono in un “noi” contro “voi”, che ci siano razze, tipologie di esseri umani migliori di altri, quelli che pensano che il conflitto e la competizione facciano bene al sistema e all’umanità, quelli che pensano che la diversità sia qualcosa da evitare o l’amore una parola impronunciabile e indecente.

Q. In un periodo storico in cui è già una fortuna in Italia avere un lavoro, perché ha senso parlare di felicità sul lavoro?

A. Perché ogni periodo di difficoltà se lo si sa ascoltare, fa crescere ed apprendere cose nuove, ci fa evolvere come persone e come sistemi. In questo caso ad esempio stiamo capendo che non può esserci separazione tra vita e lavoro, che la formula lavora sodo per godere dopo della tua felicità, non funziona. Il lavoro è parte della nostra identità e se nella vita “affettiva” amiamo, stiamo bene e cerchiamo persone che ci facciano star bene, lo stesso vale sul lavoro. È un meccanismo capace di innescare un circolo virtuoso che fa bene a tutti. I lavoratori sono più sereni, gli ambienti di lavoro più cooperativi e in queste condizioni la scienza ha dimostrato che il terreno è fertile per la creatività, l’apprendimento, l’energia, dunque può rimettersi in moto anche la produttività e l’innovazione, la voglia di fare e di esplorare.
Nel lavoro spendiamo la metà del tempo della nostra vita attiva, non siamo macchine separate, le emozioni sono contagiose; se soffro al lavoro probabilmente avrò ripercussioni spiacevoli (pensieri, emozioni, stati d’animo) anche nelle altre sfere della vita. È per questo che dobbiamo parlare di felicità sul lavoro, perché il lavoro rappresenta tanto per tutti, anche per quelli che vedono solo il beneficio economico, spesso sottovalutato, dello stipendio per mantenere la famiglia.
Dobbiamo ritornare a guardare con positività al lavoro e solo per il fatto che siamo abituati ormai a guardarlo con lenti nere, non è detto che un’alternativa non sia possibile. Noi ce la stiamo mettendo tutta proprio su questo fronte, aiutando le aziende a ritornare ad essere luoghi di cooperazione, fiducia, operosità.
Se volete provare qualcuno degli esercizi di Daniela e Veruska potete scaricare il loro workbook 😉
Concludo queste riflessioni con una citazione del Dalai Lama:

La felicità può essere raggiunta con l’addestramento sistematico del cuore e della mente, dando nuova forma ad atteggiamenti e aspettative. La chiave della felicità è nelle nostre mani.


Vuoi tornare alla Tappa n°4 del Viaggio verso la felicità? Leggi Viaggio verso la felicità. Tappa n° 4. Competere o Cooperare?


 

Viaggio verso la felicità. Tappa n° 5: La palestra della Felicità

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