New Ways of Working

Smart Worker, i nomadi del lavoro digitale

bilanciamento tra lavoro e vita privata

Smart Worker, i nomadi del lavoro digitale

In un mondo del lavoro in continua evoluzione emerge con forza la nuova figura dello smart worker e quella del professionista in grado di lavorare ovunque e ad ogni ora per poter disporre del proprio tempo libero, bilanciando impegni e vita privata. Un’innovativa forma di lavoro a cui l’Eurofound e l’Organizzazione Mondiale del Lavoro hanno recentemente dedicato uno studio che confronta i paesi dell’UE con quelli nei quali esso è già diffuso come USA e Giappone.
Lavorare gestendo i propri orari e i propri spazi, incrementa la produttività? Oppure lo smart-working aumenta lo stress a causa dell’impegno prolungato, che spesso toglie spazio ai bisogni personali? Il dibattito è aperto e segue l’approvazione, datata 2016, del disegno di legge del Consiglio dei Ministri sullo smart working.

Smart working: la definizione legislativa

Il disegno di legge definisce il lavoro agile o smart working come una «modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro». Un’occupazione che può essere svolta sia in azienda che all’esterno, seguendo gli obblighi contrattuali e senza una postazione fissa. Definiti anche i confini del trattamento economico, che non deve essere inferiore a quello dei lavoratori che operano con le stesse qualifiche all’interno delle aziende e che deve prevedere gli stessi premi e gratificazioni di carattere fiscale. Una parte del testo, infine, è dedicata a sicurezza e assicurazioni con il datore di lavoro, che deve garantire la tutela al professionista: viene introdotto l’obbligo di consegnare al dipendente un’informativa scritta con i rischi connessi al tipo di prestazione e quello di assicurarne la tutela contro gli infortuni e le malattie professionali.

Smart worker: chi sono?

Nella categoria di chi ha deciso di diventare uno smart worker inseriamo quella persona (worker) su cui l’azienda ripone la totale fiducia e responsabilità, affidando la gestione indipendente del proprio lavoro e la scelta di come, dove e con quali mezzi svolgere le mansioni per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il lavoro svolto non si misura più con le ore trascorse in azienda o dietro ad una scrivania, ma in base ai risultati raggiunti; questo porta ad un aumento della produttività e ad un miglioramento del benessere lavorativo.

E i nomadi digitali?

Chiunque non abbia una postazione fissa sul lavoro, nell’immaginario collettivo, è conosciuto con l’appellativo di “nomade digitale”, cioè coloro che sfruttano le moderne tecnologie per svolgere le proprie mansioni in luoghi diversi da un tradizionale ufficio. Come, ad esempio, stanno già facendo numerosi sviluppatori indipendenti, esperti di SEO, web design e web marketing, che spesso lavorano da località remote per gestire i loro progetti attraverso la rete.
Negli ultimi anni, è emersa un’altra figura professionale, quella del travel blogger, che in diversi casi gestisce la propria attività viaggiando, con il blog come strumento di auto-promozione e finanziamento dei viaggi stessi. Ancora prima dei travel blogger, i giocatori di poker professionisti hanno iniziato a giocare online per autofinanziarsi e partecipare ai principali tornei dal vivo in giro per il mondo, come fa da anni il numero uno d’Italia Mustapha Kanit, che ha iniziato la sua carriera come un vero e proprio lavoratore agile dell’online. Più recentemente, anche i videogiocatori professionisti stanno emergendo come “lavoratori agili”: partecipano a tornei online e, con i loro team, arrivano a competere anche a tornei dal vivo, trasformando in diversi casi una passione in una vera e propria professione, che comprende tornei sia in remoto che dal vivo.
Oltre a tutte queste figure etichettabili, almeno in parte, come “nomadi digitali”, ci sono tutti gli smart worker che lavorano da casa, i non travelers, e tutti coloro che non lavorano sempre nello stesso ufficio e che nel complesso vanno a formare un esercito di lavoratori che, entro il 2020, potrà arrivare in Italia alla cifra record di 18,6 milioni.

Lo smart working in Europa e in Italia

La diffusione del lavoro a distanza legato alle nuove tecnologie oscilla molto tra paese e paese, all’interno dell’Unione Europea. Se la media continentale è di circa il 17% di lavoratori smart, l’Italia si piazza all’ultimo posto nel numero di professionisti che si legano a queste nuove modalità occupazionali. In testa la Danimarca con il 37%, seguita da Svezia, Paesi Bassi e Regno Unito. Se, quindi, il dato italiano non è molto incoraggiante, lo stesso si può dire per quella generale del nostro continente. E questo perché all’interno del 17%, il 10 è rappresentato da lavoratori occasionali che alternano il lavoro a distanza con quello in ufficio mentre solo il 3% dei lavoratori è impegnato da casa su base regolare. Una situazione molto diversa da quella del resto del mondo dove le nuove modalità di impiego sono molto più sostenute e incoraggiate.
Due esempi su tutti: quello del Giappone, in cui il lavoro da casa viene incentivato per ridurre l’occupazione degli uffici e quello del Brasile dove aumenta il numero dei tele-lavoratori a cui vengono risparmiati gli sprechi di tempo e denaro legati ai trasferimenti in un paese così grande.
Negli Stati Uniti, invece, la percentuale di smart worker è arrivata al 37% con dati che fanno prevedere un’ulteriore espansione futura. Numeri differenti, infine, riguardo alla partecipazione per genere: troviamo così, accanto a realtà come quella tedesca e ungherese, in cui uomini e donne sono impegnati allo stesso modo, stati come Regno Unito, Francia e Svezia in cui la percentuale di smart worker pende nettamente a favore della componente maschile.

Aspetti positivi e negativi: dibattito aperto

Resta l’interrogativo di fondo: lo smart working porta benefici o causa troppo stress al lavoratore? Al momento, i dati a riguardo sono pochi seppur incoraggianti. In Francia, ad esempio, più dell’80% dei lavoratori ha dichiarato di avere una maggiore libertà nella gestione della propria vita e di avere un miglior bilanciamento tra professione e tempo libero. L’importante, concludono le ricerche a disposizione, è quello di evitare il sovraccarico di lavoro e di trovare nel minor tempo possibile un equilibrio nella gestione delle attività quotidiane.
Secondo la tua esperienza, lo smart working è la migliore soluzione per un bilanciamento tra lavoro e vita privata?
 

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