New Ways of Working

Smart Working la crescita continua. Soprattutto nelle grandi imprese

Qual è lo stato di salute dello smart working nel 2018 in Italia? Secondo la ricerca dell'Osservatorio bene nelle grandi imprese, in ritardo nelle PA.

Nel 2018 gli Smart Worker sono ormai 480mila, in crescita del 20%, e si ritengono più soddisfatti dei lavoratori tradizionali sia per l’organizzazione del lavoro (39% contro il 18%) che nelle relazioni con colleghi e superiori (40% contro il 23%).
Questo è quanto riportato nella ricerca annuale dell’Osservatorio del Politecnico di Milano presentata il 30 Ottobre 2018 sulla diffusione dello smart working nel nostro Paese.

Lo stato di salute dello smart working nel 2018

Uomo (nonostante lo smart working si stia facendo largo, permane a livello culturale una diffidenza nel segmento femminile) tra i 38 e i 58 anni residente nel nord ovest dell’Italia, più soddisfatto delle modalità con cui può organizzare la propria attività rispetto alla media degli altri lavoratori. Ecco l’identikit dello smart worker del 2018.
In base ai dati raccolti, ad un anno dalla legge 81/17 ci sono stati effetti più evidenti nel settore pubblico che nel privato, per quanto riguarda l’adozione dello smart working.
L’82% delle grandi imprese aveva già introdotto o pensato di avviare iniziative di Smart Working prima che la normativa entrasse in vigore e solo per il 17% è stata uno stimolo all’attivazione di progetti. Nella PA, invece, ben il 60% degli enti con progetti di lavoro agile ha trovato stimolo nella legge e solo il 40% l’aveva previsto prima.
Ma qual è il reale stato di salute dello smart working nel nostro paese?

Gli smart worker in Italia


Nel 2018 i lavoratori agili in Italia sono 480 mila, pari al 12,6% del totale degli occupati.
Le motivazioni che spingono i lavoratori ad aderire allo Smart Working sono legate soprattutto alla sfera personale e al miglioramento del benessere:

  • un 46% dei lavoratori,il segmento più ampio, motiva l’adesione con la possibilità di evitare lo stress durante gli spostamenti casa-ufficio;
  • per il 43% c’è un miglioramento dell’equilibrio tra vita privata e professionale;
  • un 41% sostiene l’aumento della qualità dei risultati prodotti;
  • per un 38% vi è un incremento della propria efficienza e per un 36% della motivazione professionale;
  • nel 33% dei lavoratori c’è la volontà di limitare l’impatto ambientale, ad esempio non inquinando durante il tragitto fra la casa e l’ufficio.

Lo smart working nelle grandi imprese

Nelle grandi imprese il fenomeno dello Smart Working è ampiamente diffuso con un impatto ben evidente dai dati.
Nel 56% delle imprese sono presenti progetti strutturati di Smart Working: il 16% di essi è in fase di sperimentazione con progetti pilota che nella maggior parte dei casi durano circa 6 mesi e coinvolgono circa il 14% della popolazione aziendale; il 44% è in fase di estensione e il restante 40% dei progetti è a regime e coinvolge tutti coloro che possono essere inclusi nell’iniziativa.
Resta purtroppo un buon 13% di realtà, che non hanno sviluppato e non intendono sviluppare iniziative di smart working o che non sanno se lo faranno in futuro.
Il 59% delle grandi imprese ha introdotto nuove tecnologie digitali per supportare i progetti di Smart Working, mentre nel 27% delle imprese gli Smart Worker erano già dotati delle tecnologie necessarie. Solo in pochi progetti viene definito un budget per l’integrazione tecnologica (26%).

Il luogo di lavoro

Il modello più diffuso tra le grandi imprese e la scelta più adottata da un 53% degli smart worker è la possibilità di lavorare da remoto, mentre il restante 47% dei progetti strutturati affianca al lavoro da remoto iniziative di ripensamento degli spazi.
Il 45% del campione delle grandi imprese lascia alle persone completa autonomia e libertà di scelta. Le altre organizzazioni preferiscono indicare i luoghi consentiti nel progetto di Smart Working: i più diffusi sono l’abitazione del lavoratore (80%), le altre sedi aziendali (74%), gli spazi di coworking (58%) e i luoghi pubblici (52%).

Il rapporto tra Pubblica Amministrazione e smart working

L’Osservatorio ha analizzato un campione di 358 PA con più di dieci addetti, registrando una leggera crescita nella diffusione di progetti di Smart Working rispetto alla scorsa rilevazione: l’8% ha già avviato progetti strutturati (contro il 5% del 2017), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno.
Purtroppo però nonostante la crescita dovuta anche allo slancio dato dalla riforma Madia, il settore sella Pubblica Amministrazione si ritrova ad essere in ritardo. Otto amministrazioni su dieci sono ancora ferme: il 36% non ha attivato alcun progetto di Smart Working anche se è probabile la sua introduzione in futuro, il 38% è incerta e il 6% non è interessata.
I principali ostacoli dell’applicazione di progetti di smart working rilevati in questa realtà sono:

  • il primo su tutti: la difficile applicazione del modo di lavorare alla propria realtà (49%).
  • le procedure burocratiche troppo complesse (problematica segnalata da meno del 27% del campione);
  • la limitata conoscenza degli approcci per l’introduzione dello Smart Working, la mancanza di consapevolezza dei benefici ottenibili e le attività poco digitalizzate.

Il modello di smart working più diffuso nella Pubblica Amministrazione

Il modello di Smart Working più diffuso nelle PA, adottato dal 93% del campione, comprende solo la possibilità di lavorare da remoto, mentre il restante 7% affianca ad esso anche il ripensamento degli spazi.
Circa una PA su tre (30%) consente ai propri dipendenti di scegliere liberamente il luogo in cui lavorare. L’abitazione dell’impiegato è l’alternativa più frequente seguita da altre sedi dell’ente (73%).
Il 45% delle amministrazioni integra le tecnologie disponibili con nuovi strumenti per abilitare il lavoro agile, mentre nel 17% dei casi gli strumenti a disposizione sono già adeguati.
Nel 41% viene favorito l’utilizzo di dispositivi personali per lavorare da remoto e il 21% del campione ricorre a strumenti in condivisione.

Criticità e benefici dello Smart Working

I benefici del lavoro agile

Ovviamente non bisogna ridurre i benefici del lavoro agile solo all’equilibrio ed alla soddisfazione individuale, si hanno miglioramenti anche in termini di performance delle persone e dell’organizzazione nel complesso.

Dal punto di vista organizzativo, l’indagine rivela che lo Smart Working contribuisce ad aumentare la produttività di circa il 15% e di ridurre il tasso di assenteismo di circa il 20%. Secondo un sondaggio sui responsabili degli Smart Worker, questo modo di lavorare ha un impatto molto positivo sulla responsabilizzazione per:

  • il raggiungimento dei risultati (37% del campione)
  • l’efficacia del coordinamento (33%)
  • la condivisione delle informazioni (32%)
  • la motivazione e la soddisfazione sul lavoro (32%)
  • la qualità del lavoro svolto (31%)

Il 30% dei responsabili, poi, registra miglioramenti anche nella produttività, nella gestione delle urgenze e nell’autonomia durante lo svolgimento delle attività lavorative.

I benefici riguardano anche la riduzione dei costi di gestione degli spazi fisici con il 30% di risparmi nelle aziende che hanno ripensato la struttura degli spazi, e il work-life balance, con almeno l’80% dei dipendenti di imprese con progetti di Smart Working che hanno ottenuto un migliore equilibrio fra vita professionale e privata.

Le criticità dello smart working

Anche se una buona percentuale di lavoratori agili (14%) non percepisce alcuna difficoltà, fra le criticità di chi fa Smart Working la più frequente è la percezione di un senso di isolamento circa le dinamiche dell’ufficio (18%), seguita dal maggiore sforzo di programmazione delle attività e di gestione delle urgenze (16%).

Altre difficoltà sono legate alle distrazioni esterne come:

  • la presenza di altre persone nel luogo in cui si lavora (14%)
  • la necessità di frequenti interazioni di persona (13%)
  • la limitata efficacia della comunicazione e della collaborazione virtuale (11%).

Smart Working Award

In occasione del convegno sono stati assegnati gli “Smart Working Award 2018″, il premio dell’Osservatorio per le aziende che si sono distinte per capacità di innovare le modalità di lavoro in ottica Smart Working.
Vincono lo Smart Working Award 2018: A2A, Gruppo Hera, Intesa Sanpaolo per l’iniziativa “Hive Project – Il Futuro al Lavoro” e Maire Tecnimont.
Grazie al progetto “Atom”, invece Zurich ottiene lo “Smart Working Impact Award”, premio indirizzato alle organizzazioni già vincitrici dello Smart Working Award, in cui il progetto negli ultimi anni ha avuto un impatto significativo sull’organizzazione.
 

Smart Working la crescita continua. Soprattutto nelle grandi imprese

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