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Workplace di Facebook non rivoluzionerà la Digital Collaboration

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In realtà mi sembrava strano che Facebook non fosse ancora entrato “prepotentemente” all’interno delle aziende. Dopo 20 mesi di test e oltre 1000 aziende coinvolte, Workplace esce allo scoperto.
Niente di rivoluzionario, sia chiaro! Si tratta di un social network professionale, annoverabile tra gli strumenti di digital collaboration. Praticamente un mondo parallelo a Facebook, dedicato però alle organizzazioni.
Dal punto di vista strutturale non cambia nulla rispetto a Facebook: news feed, gruppi, eventi, ricerca, messaggistica (anche audio e video però) saranno le stesse che conosciamo già, ma al servizio delle organizzazioni con l’obiettivo di facilitare la comunicazione tra colleghi, condividere la conoscenza tra dipartimenti e team, essere aggiornati sulle principali attività che interessano l’organizzazione.
In realtà niente di nuovo visto che strumenti digitali in grado di soddisfare le suddette esigenze esistono già da tempo: Yammer, Slack, Asana solo per citarne alcuni. (Yammer è di sicuro il più vicino a Workplace mentre Slack può esser considerato come piattaforma di social collaboration mentre Asana collaborative project management).
E il mercato ne offre diverse… Di recente ho scoperto Hibox per esempio…
Inoltre, sarà possibile accedervi sia da desktop sia dall’applicazione dedicata e la piattaforma sarà totalmente separata da Facebook (secondo alcuni rumors non ci saranno pubblicità). Significa che l’account creato su Workplace sarà diverso da quello che si ha su Facebook.
Il pricing è molto competitivo (3 $ per utente al mese per i primi 1.000 utenti, 2 $ per utente da 1001 fino a 10.000 e 1 $ per tutti gli altri). Altre informazioni puoi trovarle collegandoti direttamente al sito Workplace oppure su altri numerosi articoli che descrivono le caratteristiche della piattaforma.
Workplace entra, dunque, in un mercato in particolare espansione e con diversi competitor che da tempo hanno sviluppato piattaforme ad hoc per gli ambienti professionali.
Google, ad esempio, già da tempo ha sviluppato una suite (G Suite sostituisce il nome Google Apps for Work) dedicata alle organizzazioni con l’obiettivo di facilitarne la comunicazione e la collaborazione interna.
Stesso fine perseguito da Workplace (anche se con le sembianze di un social network) che potrà contare sulla forza infinita di Facebook e sulla sua capacità di attrarre e catalizzare gli utenti. Non sarà facile affermarsi.
Ciò che, invece, merita attenzione è il tema legato all’utilizzo di queste piattaforme che agevolano la comunicazione e la collaborazione.
“Siamo veramente pronti a queste piattaforme? Le abbiamo comprese? Siamo in grado di utilizzarle?”
Spesso gli investimenti in tecnologie digitali sono dettati da dinamiche aziendali focalizzate troppo sulle esigenze di mercato trascurando quelle interne all’organizzazione. Il principio “si investe in tecnologia perché è una condizione necessaria per competere sul mercato e chi non investe è destinato a fallire” è sempre valido.
Ciò che richiede però maggior attenzione è il processo di implementazione di piattaforme e strumenti digitali, ovvero cosa avviene prima e dopo il loro acquisto.
Piuttosto che soffermarsi esclusivamente sulla tecnologia, le aziende dovrebbero fare un passo indietro: capire innanzitutto i processi e le dinamiche in termini di comunicazione e collaborazione dei propri worker (coloro che rappresentano l’organizzazione e ne determinano il successo, ricordiamolo!), successivamente definire insieme le piattaforme e gli strumenti digitali più adatti ad efficientare il lavoro in team ed “educarli” per un corretto utilizzo nel tempo. Sintetizzando:

  1. Comprensione dei processi e delle esigenze;
  2. Individuazione e valutazione degli strumenti digitali più adatti;
  3. Implementazione degli strumenti digitali.

Sono diversi anni ormai che giro organizzazioni per migliorare la comunicazione interna e sempre più spesso, sto notando che la conoscenza e la consapevolezza degli strumenti digitali in ambito professionale è veramente preoccupante.
La cosa triste è che si verifica in molte organizzazioni, anche quelle che hanno fatto investimenti in strumenti di digital collaboration come Yammer, Jive, Slack, etc. (alcuni worker addirittura ignoravano l’esistenza di essi, nonostante fossero strumenti di comunicazione dell’azienda di appartenenza).
E non credo sia esclusivamente una questione di digitalizzazione dei worker, che si manifesta puntualmente sia con i più giovani (Millennials e Generazione Z) sia con quelli appartenenti a generazioni passate. C’è altro.
Esiste una spiegazione, ed è molto più semplice di quanto puoi immaginare.
Non sappiamo usare piattaforme e strumenti collaborativi digitali.
Non ne comprendiamo i vantaggi, le potenzialità, le opportunità e per questo li abbandoniamo o, addirittura, li rifiutiamo. Due sono i principali motivi:

  • Pensiamo di utilizzare questi strumenti di digital collaboration come se stessimo usando le email, senza capire che la comunicazione su piattaforme come Yammer o Workplace segue regole, canali, linguaggi e livelli diversi. Ma questa “sottile” caratteristica non la capiamo e quindi… perché utilizzarli se alla fine posso comunque mandare direttamente le email?
  • Pensiamo di utilizzare questi strumenti digital collaboration come se stessimo utilizzando un social network che, per i più è considerato come un ambiente virtuale dove si condividono contenuti di poco valore (gattini, orsacchiotti, gif, …) e dove prevale l’approccio del “farsi i fatti degli altri”. Di conseguenza… perché utilizzare i social network in ambito professionale? Meglio mandare le email così non mi metto nei guai!

Alla fine, lo strumento più utilizzato per collaborare – si, proprio collaborare! – è la mail che di collaborativo non ha praticamente nulla!
Preferiamo evitare qualsiasi tipo di strumento collaborativo che possa aiutarci a condividere la conoscenza perché – semplicemente – non siamo abituati a farlo. Il nostro approccio tradizionale al lavoro si basa su principi diversi: più informazioni posseggo, più sono in grado di controllare quello che avviene intorno a me.
Ma questa epoca è finita perché le informazioni oramai sono così tante e incontrollabili. Rassegnamoci.
Le aziende, dunque, devono fare due semplici riflessioni:

  1. Evitare di investire in tecnologie senza ascoltare i propri worker e comprenderne esigenze e processi;
  2. Assicurarsi che l’implementazione degli strumenti di digital collaboration individuati non avvenga solo mediante corsi di formazione che ne illustrino le funzionalità (tasto destro, barra degli strumenti, bla bla bla..), ma anche attraverso progetti pilota che misurino l’adozione e la comprensione delle tecnologie.

Investire in tecnologie all’avanguardia avendo la percezione che si sta facendo qualcosa di utile per i propri worker senza poi assicurarsi della corretta implementazione, è uno degli errori più grandi che un’azienda possa fare.
La scelta di Workplace piuttosto che di altre piattaforme collaborative, è un tema di rilevanza aziendale. L’introduzione di  un nuovo strumento che possa aiutarci a lavorare e collaborare rappresenta comunque un cambiamento del nostro approccio tradizionale, se non lo si fa comprendere, tenderemo sempre a rigettarlo.
Se le organizzazioni non imparano ad ascoltare i loro worker e ad educarli all’utilizzo degli strumenti di digital collaboration, sono destinate a fare grandi buchi nell’acqua.

Workplace di Facebook non rivoluzionerà la Digital Collaboration

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